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RITI E TRADIZIONI DELLA QUARESIMA E SETTIMANA SANTA A MOLFETTA

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Conferenza presso la Chiesa di S. Giovanni a Villa


sede dell' Arciconfraternita del SS. Crocifisso


Sessa Aurunca, 1 maggio 2008
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Molfetta è una città in cui operano attivamente ben tredici confraternite, ma quando si parla di Quaresima e di Settimana Santa, si fa riferimento necessariamente solo a due di esse: l’ Arciconfraternita di S. Stefano e l’ Arciconfraternita di Santa Maria del Pianto, da quasi nessuno conosciuta sotto questo titolo, bensì sotto quello di Arciconfraternita della Morte.
Per questo motivo darò alcuni brevissimi cenni storici e descrittivi di ognuna di esse, prima di entrare nel vivo dell’ argomento che questa sera sarà sviluppato.
E’ ovvio che mi soffermerò un po’ di più sull’ Arciconfraternita della Morte, essendone l’ attuale Priore, senza nulla togliere all’ altra alla quale sono comunque molto legato essendone anche confratello.

Cominciamo dall’ Arciconfraternita di S. Stefano, unicamente perché delle due è la più antica come costituzione.
Infatti si hanno notizie di essa fin dalla metà del 1200, probabilmente però non prima del 1240, quando ad un gruppo di persone appartenenti ad alcune tra le famiglie più nobili di Molfetta, fu concesso dall’ Ordine dei Teutonici l’ uso perpetuo, e quindi la proprietà, della cappella di S. Stefano, con l’ obbligo di riunirsi sotto il titolo di Confraternita di S. Stefano dal Sacco Rosso. L’ aggiunta della qualifica “dal Sacco Rosso” era giustificata dalla motivazione stessa di quel congregarsi, in quanto veniva attribuita a tutti quei sodalizi addetti al servizio dei pellegrini, che vestivano quasi tutti con un sacco di colore rosso.
Ancora oggi il sacco rosso costituisce l’ abito di rito della Confraternita di S. Stefano, che può anche fregiarsi del titolo di Arciconfraternita, in quanto aggregata sin dal 1586 all’ Arciconfraternita Romana della S.S. Trinità dei Pellegrini e dei Convalescenti.
Senza entrare nell’ ambito di ulteriori cenni storici, diciamo che attualmente l’ Arciconfraternita di S. Stefano ha sede nella omonima Chiesa, sita di fronte al porto ed all’ ingresso principale della città vecchia, e che è la gelosa custode di quelle autentiche opere d’ arte rappresentate dalle statue dei cinque Misteri portate in processione il Venerdì Santo.
Trattasi di cinque statue lignee di pregevolissima fattura, rappresentanti Cristo nell’ orto, Cristo alla colonna, Cristo alla canna, Cristo che va al Calvario (o più semplicemente il Calvario) e Cristo Morto.
La prima, Cristo all’ orto, del napoletano Gaetano Larocca è del 1858, in sostituzione della precedente, deteriorata irrimediabilmente dal tarlo; le altre quattro vengono, in maniera presunta, attribuite alla scuola veneziana e ad un non meglio identificato scultore rispondente al nome di Giacomo Fielle, e risalgono con quasi certezza al 1525.
Per quanto di mia conoscenza, sono le statue processionali più antiche esistenti in tutta l’ Italia meridionale.
L’ abito di rito è costituito dal camice di colore marrone tendente al rosso, dal quale fuoriesce il bavero della giacca con cravatta, con cingolo rosso a destra e cappello ugualmente rosso ripiegato a sinistra, e dal cappuccio dello stesso colore del camice.
Lo stemma è rappresentato da un’ anfora ricolma di pietre (le pietre con le quali fu lapidato il protomartire Stefano), con intorno il motto “Dulces et nomine digni”.

Passiamo ora all’ altra Arciconfraternita.
L’ Arciconfraternita della Morte fu fondata il 26 aprile dell’ anno 1613, per volontà di trentotto cittadini molfettesi che si riunirono presso il convento di San Francesco, allora ubicato dove attualmente si trova il Mercato Ittico, esattamente di fronte al porto.
Lo scopo di questo congregarsi fu la necessità spirituale che quei trentotto galantuomini sentivano di fronte al fatto che a quell’ epoca, non esistendo ancora i cimiteri, molto spesso coloro che appartenevano a categorie indigenti, non avevano nemmeno dove poter essere seppelliti in caso di morte; non solo, ma a causa delle tante malattie endemiche che flagellavano le nostre popolazioni, tipo la peste, molto spesso i cadaveri rimanevano per strada senza sepoltura.
Di fronte a queste problematiche dell’ epoca, quei neo congregati si assunsero il benemerito onere di provvedere loro alla cristiana sepoltura di quanti non potevano permettersi nemmeno quello, o di quei corpi abbandonati per le strade in balia delle intemperie e degli animali.
Dopo nemmeno un anno, quindi dal 1614, la Confraternita si stabilì nella Chiesa di Santa Maria de Principe, da tutti attualmente conosciuta come Chiesa della Morte, nel centro storico, dove vi rimase fino al 1739, quando vi fu il definitivo trasferimento nella Chiesa del Purgatorio, in cui ancora oggi ha sede.
Ugualmente da subito, esattamente dal 28 gennaio 1614, la neonata confraternita ottenne l’ aggregazione all’ Arciconfraternita romana di Santa Maria dell’ Orazione e Morte, assumendone a pieno titolo il nome ed il privilegio di potersi fregiare del titolo di Arciconfraternita.
Al primitivo scopo della sepoltura dei poveri per amore di Dio, per motivi storici e sociali, si sostituì quello del culto dei Dolori di Maria Santissima.
Attualmente l’ Arciconfraternita della Morte custodisce le otto pregevoli statue in cartapesta, realizzate dallo scultore molfettese Giulio Cozzoli tra il 1906 ed il 1956, portate in processione il Venerdì di Passione (l’ Addolorata) ed il Sabato Santo (S. Pietro, la Veronica, S. Maria Cleofe, S. Maria Salomè, S. Maria Maddalena, S. Giovanni e la Pietà).
L’ abito di rito è tutto di colore nero ed è costituito dal camice con il cingolo, dalla mozzetta portante a sinistra un medaglione in argento con lo stemma dell’ Arciconfraternita, e dal cappuccio.
Lo stemma è rappresentato da due stinchi incrociati, sormontati da un teschio.

Dopo questa spero non noiosa premessa passiamo a descrivere i Riti, le Funzioni e le Processioni della Quaresima e della Settimana Santa a Molfetta.
Ritengo pleonastico dire, ma lo faccio ugualmente, che questo è il periodo più atteso dai molfettesi, così come lo è per voi di Sessa Aurunca o, tanto per andare fuori dall’ Italia, per i Sivigliani.
A Siviglia addirittura, se entrate nei locali pubblici, vi è un timer che indica quanti giorni, ore, minuti e secondi mancano alla Domenica della Palme, la loro “Domingo de Ramos” dalla quale in poi iniziano a sfilare ben cinquantasette processioni, fino al termine del Sabato Santo.

Dovremmo ora iniziare a parlare di Quaresima, che inizia come tutti sappiamo il mercoledì delle Ceneri, ma a Molfetta si può dire che inizi la domenica prima, mentre cioè è ancora in corso il carnevale.
Infatti nella chiesa di S. Stefano, nella mattinata, si procede alla esposizione della statua di Cristo all’ orto, per prepararla a quella che sarà la Funzione del primo Venerdì di Quaresima, cosa di cui parleremo tra un poco.
Questa cerimonia, che si ripete ogni domenica di Quaresima per ognuna delle altre statue, è particolarmente importante in quel giorno, in quanto si deve mettere sull’ alberello di Cristo all’ orto la cosiddetta “frasca”.
La “frasca” è un insieme di rami di ulivo provenienti da un albero che i confratelli dell’ Assunta, portatori della statua del Cristo all’ orto durante la processione dei Misteri, curano in una particolare maniera, affinché sia ancora carico di olive, anche fuori stagione.
Sarebbe interessante descrivere tutto il cerimoniale, perché occasione di vari aneddoti, ma devo cercare di essere sintetico, cosa che purtroppo non rappresenta una mia qualità.

Entriamo nel vivo dell’ argomento “Quaresima” con

Il Rito della Croce

Tutto inizia nella mezzanotte esatta tra l’ ultimo giorno di Carnevale (martedì) ed il primo di Quaresima, il mercoledì delle Ceneri, quando dal Purgatorio esce la processione della Croce, mentre il campanone della Cattedrale scandisce trentatrè lenti rintocchi, accompagnato dalle campane delle altre chiese della città; infatti una grande Croce, quella che poi aprirà i sacri cortei della Addolorata e della Pietà, sorretta da un confratello della Morte incappucciato, con a lato altri due che reggono ognuno un fanale, ne percorre lo stesso itinerario per terminare al Calvario. Da qui, dopo una breve omelia, seguita dalla benedizione impartita dal Padre Spirituale dell’ Arciconfraternita della Morte, si ritorna al Purgatorio.
Per tutta la sua durata la processione, così come quelle della Settimana Santa, viene aperta da un quartetto di musicanti che esegue una antica melodia orientaleggiante in cui il rullo del tamburo, intervallato dal colpo ritmico della grancassa, fa da accompagnamento al flauto; alla fine di questo motivo, vi sono gli squilli di una tromba, quelli che costituiscono il cosiddetto “ti – tè”.

Nel giorno delle Ceneri si svolge, in tutte le parrocchie, la solenne liturgia della imposizione delle Ceneri, che non interessa però direttamente nessuna delle due Arciconfraternite.

Durante la Quaresima, sia l’ Arciconfraternita di S. Stefano che quella della Morte, curano lo svolgimento di alcune particolari e tradizionali Sacre Funzioni religiose.
La prima di queste Funzioni Quaresimali si svolge presso la Chiesa di S. Stefano ed è

Il Pio Esercizio dei Cinque Venerdì

Ogni Venerdì di Quaresima viene esposto, come già detto, uno dei Misteri.
Si inizia quindi con Cristo all’ orto, poi con Cristo alla colonna e così via.
Vi è prima la celebrazione della S. Messa e, subito dopo, il Pio Esercizio che consiste in una iniziale considerazione del Mistero che si celebra quella sera, seguita da un coro a tre voci, che interpreta l’ “Invito di Gesù alla sua Passione”, comune ad oguno dei Venerdì.
Poi, dopo un’ altra orazione, vi è ancora un canto dedicato a quel particolare Mistero.
Sia il primo che il secondo canto sono delle romanze ottocentesche composte dal nostro concittadino Giuseppe Peruzzi.
Segue il “Vexilla Regis Prodeunt”, la benedizione con la Reliquia del Legno Santo ed infine l’ “Inno al Santo Legno della Croce”.

A cura invece dell’ Arciconfraternita della Morte è

Il Pio Esercizio a Maria S.S. della Pietà

Il giorno successivo a quello delle Ceneri la Pietà viene spostata dalla sua teca e, dopo essere stata rivestita di un altro velo, viene sistemata al lato dell’ altare maggiore.
Infatti, durante le prime quattro domeniche di Quaresima si svolge il Pio Esercizio a Maria S.S. della Pietà, esponendo la Sacra Immagine della Vergine che tiene in grembo il corpo esanime del Figlio.
Il Pio esercizio, preceduto dalla S. Messa, consiste di cinque invocazioni a Cristo e alla Madonna, intervallate da tre vere e proprie romanze cantate da un duetto formato da un tenore e da un baritono: “Questo è il Calvario e quella è la sanguinea Croce”, “Torni alle mura ingrate” e “Madre che il Figlio gemi”.
Seguono il canto del “Vexilla” e la benedizione con la reliquia del Legno Santo. Al termine viene cantato il “De profundis”.

Con il Venerdì antecedente quella che un tempo si chiamava Settimana di Passione inizia invece

Il Settenario a Maria S.S. Addolorata

e con esso si sente già l’ “odore” della Settimana Santa.
Il Settenario all’ Addolorata si svolge in tutte le chiese di Molfetta, con diverse modalità ed orari, ma le due chiese in cui viene più solennemente celebrato sono S. Stefano ed il Purgatorio.
Pur essendo il Settenario che si svolge presso S. Stefano praticamente uguale a quello che contemporaneamente si svolge nel Purgatorio, è senz’altro quest’ ultimo il più seguito e caro ai molfettesi, anche perché viene esposta la statua della Beata Vergine Addolorata che sarà poi portata in processione.
Dobbiamo quindi parlare di Arciconfraternita della Morte.
Il martedì antecedente l’ inizio del Settenario, nella chiesa del Purgatorio viene riposta nella sua teca la statua della Pietà (vedi quanto detto prima) e si espone quella della Addolorata.
Vi è tutto un rituale per questa occasione, ed il centro di tutto è senz’ altro la vestizione della Vergine con gli abiti della processione, a cura delle mogli degli Amministratori della Confraternita, assistite dal Consiglio e dalle Zelatrici della Associazione di Maria S.S. Addolorata che, con l’ Arciconfraternita della Morte, condivide l’ uso della Chiesa del Purgatorio.
Nessun uomo può assistervi, così come le bambine e le donne nubili.
A proposito di questo rituale voglio riferire un particolare di cui pochissimi sono a conoscenza e le cui origini o motivazioni, io stesso che sono il Priore dell’ Arciconfraternita della Morte, non conosco.
Quando la statua dell’ Addolorata viene rimossa dalla sua teca, viene da lì portata nella sacrestia dove, a porte chiuse, sarà vestita con gli abiti della processione. A spostarla dalla sua abituale collocazione sono i due Componenti della Amministrazione della Morte, che la prendono per la base, ed il Priore che la abbraccia a sé, e con una mano ne copre il viso durante tutto il breve tragitto dalla cosiddetta “stanza delle Statue” fino alla sacrestia.
Perché il Priore debba coprire il viso dell’ Addolorata, lo ripeto, non lo so; so che si fa e basta … ma d’ altro canto il bello di tante cose è proprio quello di essere avvolte da un alone di mistero … non vi pare?
Il Settenario dura una settimana e si conclude il giovedì prima della processione. E’ articolato alla stessa maniera del Pio Esercizio alla Pietà, ma, diversamente da questo, il Settenario si tiene anche la mattina, in forma meno solenne che la sera; consiste di sette invocazioni rivolte solo alla Madonna e di quattro romanze invece di tre, ugualmente cantate da un tenore e da un baritono. Queste non sono fisse, ma vi è un relativamente vasto repertorio di musiche che vengono eseguite alternativamente ogni sera, composte da autori molfettesi del tardo 800, quali Vincenzo Valente, Saverio Calò, Sergio Panunzio, Giuseppe e Francesco Peruzzi.
L’ ultima sera del Settenario, dopo il termine della Sacra Funzione, la banda esegue un concerto di sei marce funebri di fianco alla Chiesa del Purgatorio.

Durante la domenica del Settenario avviene, nella chiesa del Purgatorio,

La Bussola dell’ Arciconfraternita della Morte

La Bussola, pur non essendo un rito religioso, è forse il momento più atteso dai confratelli della Morte, perché altro non è che il sorteggio che designerà le coppie portatrici delle sacre immagini della Addolorata e della Pietà, giacchè tutte le altre Statue vengono affidate ad altre confraternite, su invito dell’ Arciconfraternita della Morte.
Gli aspiranti portatori inoltrano la domanda all’ Amministrazione che, dopo averle vagliate, le ammette a partecipare al sorteggio che avviene la domenica prima della processione dell’ Addolorata, attribuendo un numero in ordine cronologico per ognuna di esse. Saranno estratte dodici coppie portatrici per l’ Addolorata e dodici per la Pietà, a fronte di un itinerario che comprende tre tratti per ogni processione.
E’ superfluo dire quanto grande sia la gioia di chi ha la fortuna di vedere estratto il proprio numero e quanto altrettanto grande sia la delusione di chi ha visto vanificare le proprie speranze, che si traducono in una nuova lunga attesa per l’ anno successivo.

La processione dell’ Addolorata

Il Venerdì antecedente la domenica della Palme, un tempo chiamato di Passione, e che in Spagna viene definito Viernes de Dolores, dalle sei del mattino fino alle undici, nel Purgatorio vi sono S. Messe ogni ora.
A mezzogiorno la chiesa viene chiusa e si procede alla preparazione della Sacra Immagine dell’ Addolorata; infatti alle ore 15,30 finalmente il portone viene spalancato per dare inizio alla tanto attesa processione.
Precedono tre giovanotti in frak chiamati Stradari: essi aprono il sacro corteo.
Segue il palliotto, che è l’ insegna dell’ Arciconfraternita della Morte, nero con stelle in oro, indi la Croce con a latere i due fanali; questi simboli vengono retti da giovani confratelli incappucciati.
Subito dopo segue lo stendardo della Associazione Femminile, le Socie ed i Confratelli. Tutti reggono un cero.
Gli Stradari sono preceduti dal quartetto di musicanti che esegue la stessa melodia della processione della Croce, di inizio Quaresima.
Intanto la banda esegue nella mezzora che precede l’ uscita della Madonna le marce funebri “I funerali di A. Manzoni” e “Jone”.
Poco prima delle 16,00 viene portato fuori il baldacchino, sorretto da otto confratelli, da sotto il quale, dopo essere stato innalzato, passerà il simulacro della Addolorata, portata a spalla da quattro confratelli incappucciati. Le note della marcia funebre “Sventurato”, del molfettese Vincenzo Valente, accompagnano l’ uscita della Vergine.
La processione si dirige subito in Molfetta Vecchia, uscendone dall’ Arco, per proseguire il suo lungo itinerario, che si svolge comunque tutto nella parte più antica della città.
Tutto terminerà intorno alla mezzanotte, dopo otto ore di processione, quando la Madonna rientra in chiesa con le note dello Stabat Mater.
E’ importante rilevare che durante l’ itinerario, vi sono molti punti fissi in cui vengono suonate sempre le stesse marce funebri, come ad esempio “Fatalità” quando la Madonna esce dall’ arco della città vecchia, “U’ Conza Siegge in via Sigismondo”, il “Triste Tramonto” al largo Domenico Picca”, lo “Stabat Mater” in via Annunziata ed alla ritirata, il “Simon Boccanegra” in piazza Cappuccini, il “Palmieri” ed il “De Candia” in via Margherita di Savoia e così via.

L’ Adorazione Eucaristica

Il giorno successivo alla processione dell’ Addolorata e quindi antecedente la domenica delle Palme, nella Chiesa del Purgatorio si svolge una Funzione che, senza dubbio, non è meno importante di quelle svoltesi durante tutto l’ arco della Quaresima.
Si tratta della Adorazione del S.S. Sacramento, nel tardo pomeriggio.
In verità, tanti anni addietro, la esposizione del S.S. Sacramento avveniva per tutta la giornata per favorire le adorazioni di quanti, in privato, volevano raccogliersi in preghiera davanti a Gesù Cristo.
Perché dicevo che questa Funzione non è meno importante delle altre e aggiungo, anzi, che è la più importante? Per il motivo semplicissimo, ma non da tutti fatto proprio sebbene siano trascorsi duemila anni di Cristianità, che il S.S. Sacramento è, sottolineo “è”, Gesù Cristo in persona, mentre quelle dell’ Addolorata e della Pietà, essendo statue, richiamano semplicemente alla memoria la Madre di Dio.

Con la ritirata della processione dell’ Addolorata si entra nel vivo della Settimana Santa con

La domenica delle Palme

Questo giorno, a parte quello che rappresenta per tutta la Cristianità, è per i confratelli di S. Stefano uno dei più attesi e densi di “pathos” e, per pochi un giorno di felicità estrema, mentre per molti di amara delusione.
Infatti nella chiesa di S. Stefano si svolge la Bussola che designerà i portatori della Sacra Immagine di Cristo Morto.
Anche qui, analogamente che per la Morte, si raggiungono in questa occasione momenti di estrema tensione da parte di tutti i partecipanti e di indicibile e a volte irrefrenabile gioia da parte di chi è stato quell’ anno baciato dalla fortuna di poter portare a spalla Cristo Morto, durante la processione del Venerdì Santo.
La domenica delle Palme, contrariamente che per l’ Arciconfraternita di S. Stefano, non rappresenta per l’ Arciconfraternita della Morte una giornata densa di impegni, anche se nella tarda serata essa organizza un tradizionale concerto di marce funebri a piè fermo, sempre di fianco alla Chiesa del Purgatorio, durante il quale vengono eseguiti altri sei brani del nostro vasto repertorio musicale della Settimana Santa.

E’ nella domenica delle Palme che comunque si inizia la preparazione de

I Sepolcri

consistenti, sia in S. Stefano che nel Purgatorio, in una esposizione solenne ed altamente scenografica, la sera del Giovedì Santo, delle statue che verranno portate in processione rispettivamente il Venerdì e Sabato Santo.
Nel pomeriggio della domenica delle Palme l’interno della Chiesa del Purgatorio diventa un vero e proprio cantiere: si inizia a realizzare il Sepolcro, quello che ora si chiama semplicemente esposizione delle Statue, ma che io continuerò per sempre a chiamare come lo ho sentito da quando sono nato, il Sepolcro.
In una navata, divisa dal resto della chiesa da un grande drappo nero, avviene la vestizione della Pietà, subito dopo che l’ Addolorata, rivestita degli abiti ordinari è stata riposta nella sua teca.
Contemporaneamente, nella zona dell’ altare maggiore, vengono allestite le impalcature su cui verranno disposte le altre Statue, secondo un ordine più tradizionale possibile e con la Pietà al centro.
Citando episodi particolari e poco conosciuti, c’ è qui da riferire degli “sfottò” a cui viene sottoposto dagli amici, quel confratello che dovesse prendere in mano il gallo di S. Pietro, perché, si dice, che chi compie questo gesto non sarà estratto alla Bussola dell’ anno successivo, ove partecipasse al sorteggio per portare a spalla l’ Addolorata o la Pietà.
I giorni successivi saranno dedicati alla sistemazione dei candelieri e dei fiori, in modo che tutto sia pronto per il tardo pomeriggio del Giovedì Santo quando, dopo una breve cerimonia a porte chiuse, viene benedetto il Sepolcro e si apre la Chiesa ai visitatori.
Analogamente a quanto avviene nella Chiesa del Purgatorio, ma con modalità diverse e più semplici poichè non c’ è nessuna Madonna da vestire, anche in S. Stefano si inizia nel pomeriggio della domenica delle Palme a realizzare il Sepolcro. In genere anche qui la disposizione delle statue rispetta una certa tradizione che vuole il Cristo Morto al centro, quasi sempre con i piedi rivolti verso i fedeli, e due statue per ogni lato.
Diversamente che per il Sepolcro della Morte, in S. Stefano vi è una netta prevalenza di garofani rossi, specialmente di quel colore che a noi piace chiamare “rosso S. Stefano”, quasi sanguigno, alla quale si aggiungono quasi sempre i tradizionali piatti di grano.
A S. Stefano si lavora più celermente che nel Purgatorio, in quanto il Sepolcro deve essere pronto per il Mercoledì Santo pomeriggio, allorché, nella tarda serata, vi si svolge quella che io considero la più bella tra tutte le Funzioni della Settimana Santa: l’ Ufficio delle Tenebre, che ora chiamano Ufficio delle Letture ma che io, “usque ad mortem” continuerò a chiamare, come appunto ho detto, Ufficio delle Tenebre.
Con quanto sto dicendo ora sono convinto di aver toccato un argomento molto caro a tutti voi Sessani, per cui non parlerò di questa Funzione, anche perché si svolge con modalità analoghe a quelle di Sessa Aurunca.
Tanta fatica per la realizzazione dei Sepolcri si esaurirà nel volgere di poche ore.
Infatti il Sepolcro di S. Stefano viene disfatto poco dopo le ore 23,00 del Giovedì Santo, giacchè entro le ore 02,00 del Venerdì Santo i Misteri devono essere già pronti sulle basi per la processione che inizia alle ore 03,30; per quanto riguarda invece il Sepolcro della Morte, subito dopo il secondo passaggio della processione dei Misteri, dopo mezzogiorno, la chiesa viene chiusa e si procede al disfacimento, al termine del quale le statue, riposte sulle loro basi, vengono già sistemate al centro della chiesa per la processione del giorno successivo.

La processione del Venerdì Santo o dei Misteri

Ed eccoci alle prime ore del Venerdì Santo, in quelle ore che a Siviglia costituiscono quella che viene chiamata la “Madrugà” ed in cui escono ben sei processioni organizzate da altrettante confraternite: “El Silenzio”, “El Gran Poder”, “La Macarena”, “El Calvario”, “La Esperanza de Triana” e “Los Gitanos”.
A Molfetta invece ne esce solo una … e buona, aggiungerei, in quanto la suggestività raggiunge livelli altissimi, allorquando alle ore 03,30 in punto si apre il portone della chiesa ed appaiono i tre stradari, seguiti dal palliotto dell’ Arciconfraternita di S. Stefano dietro cui, immediatamente, vi è la Croce con al lato i due fanali.
Tutto intorno è buio, dal momento che viene spenta anche la pubblica illuminazione.
Contemporaneamente la banda inizia a suonare la marcia funebre “U’ Varcheceddare” alla quale seguirà “La Maledetta”.
Ecco quindi che cominciano ad uscire i primi confratelli: sono quelli della Confraternita dell’ Assunta, che portano a spalla il Cristo all’ orto che reca sulla base un vero e proprio albero d’ ulivo. E’ bellissimo vedere in quale maniera esce tutta quella massa di rami attraverso il piccolo portone della chiesa di S. Stefano.
Nell’ ordine escono poi Cristo alla colonna, portato dalla Confraternita della Madonna del Buon Consiglio, Cristo alla canna, portato dalla Confraternita della Purificazione, il Calvario, portato dalla Confraternita della Visitazione ed infine fa la sua comparsa il baldacchino portato dai confratelli di S. Stefano, portatori anche del Cristo Morto i cui piedi varcano la soglia della chiesa alle ore 04,00 in punto.
Le tristi note della marcia “U’ Conza Siegge” del concittadino Valente fanno da colonna sonora a quel momento così intenso e pregno insieme di commozione, preghiera e tantissimi ricordi delle persone più care che non sono più.
La processione si avvia, attraverso l’ arco della città vecchia, per la stretta e sconnessa Via Amente e, dopo essere uscita su piazza Municipio, passa davanti alla Chiesa del Purgatorio, voltando ad essa le spalle e, allineandosi sul lungo rettilineo di Via Dante e della banchina S. Domenico, si inoltra nel cuore della città per percorrere un itinerario che è grosso modo simile a quello delle processioni dell’ Arciconfraternita della Morte.
L’ attraversamento della banchina S. Domenico rappresenta un altro dei momenti più belli di tutta la processione, allorquando le prime luci dell’ alba cominciano ad evidenziare tutta la bellezza dei cinque Misteri.
Anche per questa processione vengono eseguite alcune marce funebri, sempre negli stessi punti dell’ itinerario: “Ultimo Addio” all’ imbocco di Via Dante, “Povera Rosa” alla banchina S. Domenico”, “Amleto” alla salita di Via S. Benedetto … insomma si può dire che anno dopo anno vengono suonate sempre le stesse le marce funebri e sempre nello stesso posto, e ciò da oltre un secolo e mezzo, cioè da quando sono comparse le bande nelle processioni pasquali.
La processione si ritira intorno alle ore 13,00 e le note della marcia funebre “Palmieri” ne scandiscono gli ultimi momenti.

La processione del Sabato Santo o della Pietà

Il Sabato Santo alle 11,15 si spalanca il portone della Chiesa del Purgatorio e, con le stesse modalità dell’ Addolorata, incomincia a prendere corpo quella che viene definita la processione della Pietà che però non si dirige nella città vecchia ma procede diritta per via Dante, chiamata il Borgo.
Apre il solito quartetto di musicanti, seguito dagli Stradari, dal Paliotto e dalla Croce con i due fanali; subito dopo la statua di San Pietro, portato dalla Confraternita di Maria S.S. Assunta.
A seguire la Veronica, portata dalla Confraternita del Carmine, S. Maria Cleofe, portata dalla Confraternita della Purificazione, S. Maria Salomè, portata dalla Confraternita della Madonna di Loreto, S. Maria Maddalena, portata dalla Confraternita dell’ Immacolata e S. Giovanni, portato dalla Confraternita di S. Antonio.
Durante l’ uscita delle Statue, la banda suona prima la marcia funebre “Gatti” e poi “Perduta”.
A mezzogiorno la banda intona le note della marcia “Dolor”, allorquando compare sul sagrato della chiesa la monumentale immagine della Pietà, portata dai confratelli della Morte.
La lunga fila dei confratelli della Morte è chiusa dai tre componenti l’ Amministrazione (Priore, 1° e 2° Componente) che precedono immediatamente la banda.
Dopo “Dolor” viene eseguita la marcia “Patetica”, dinanzi alla casa del suo compositore Francesco Peruzzi, e la processione si inoltra per lo stesso itinerario di quella del venerdì precedente.
Alla ritirata, prevista intorno alle ore 21.30, la statua della Pietà viene portata a spalla dai sacerdoti, in cotta e stola, che la prendono in consegna poco dopo il mercato del pesce, in via Dante, in un punto chiamato “Chezzelicchie”, dal nome di un bar lì esistente moltissimi anni addietro.
Le note dello “Stabat Mater” suggellano la fine della Settimana Santa molfettese, allorquando dopo la Pietà vengono ritirate in chiesa le altre statue in ordine inverso a quello dell’ uscita e il portone viene immediatamente chiuso.
Quello che avviene poi nella Chiesa del Purgatorio, quando vi rimangono solo gli addetti ai lavori che sono l’ Amministrazione, alcuni confratelli di sua fiducia ed alcune socie “superstiti” dopo la grande fatica dell’ intera giornata del sabato Santo, è qualcosa che se ci si pensa a distanza di tempo, viene spontanea la domanda: “ma come ce la facciamo, dopo tante ore di processione?”.
Infatti in tutta fretta, mentre le signore dell’ Associazione dell’ Addolorata e le mogli degli Amministratori spogliano la Pietà degli abiti della processione e la rivestono con quelli ordinari, alcuni confratelli smontano dalle basi le altre Statue e le ripongono nella loro teca. Contemporaneamente altri provvedono a riporre tutto il resto: bisogna tra l’ altro smontare dalle basi e riporli delicatamente, per non romperli, tutti i fanali, smontare il baldacchino e ripiegarlo per conservarlo, idem per il paliotto … insomma quello che può definirsi il colpo di grazia, dopo tanta fatica, comunque necessaria per preparare la Chiesa per la S. Messa della Resurrezione che verrà celebrata dopo poche ore, alle 11,00 del mattino.
A parole ciò sembra facile ma, dopo dieci ore di processione, e tenuto conto che queste operazioni iniziano all’ incirca alle ore 23,00 (perché dalla chiesa devono uscire tutti gli estranei, cosa che non è facile e non sempre viene recepita da tutti) e terminano a volte anche verso le 2,00 di notte, quando insorgono inattese difficoltà.
Un lungo anno deve a questo punto passare, prima di rivivere quelle stesse emozioni che ciclicamente segnano la vita di tanti appassionati di questa nostra grande e bellissima tradizione che è la Settimana Santa molfettese.

Avrete sin qui notato che, nel parlare delle Funzioni e delle Processioni, sono stato molto dettagliato e, a questo proposito voglio rimarcare che il resistere alle ingiurie dei nostri tempi da parte di queste tradizioni, è dovuto proprio alla pedissequa ripetizione , anno dopo anno, di tutti i particolari riferiti (funzioni, gesti, musiche ed itinerari).
Rimuovere anche uno solo di questi tasselli, significherebbe iniziare un’ opera che un po’ alla volta, nel tempo, potrebbe essere demolitrice.

Dopo però questo lungo excursus sulla Pasqua molfettese, tra la storia e le celebrazioni delle Arciconfraternite di S. Stefano e della Morte, sento doveroso in qualità di Priore e quindi capo di una comunità religiosa, riflettere su una cosa molto importante.
Se tutto quanto da me detto sino ad ora si fermasse alla semplice narrazione di avvenimenti e manifestazioni esteriori, tradirei le finalità per le quali, a parte la mia qualifica di priore, ho chiesto di divenire confratello.
Questa sera ho dunque parlato di Arciconfraternite, delle loro origini, di processioni e riti ma, voglio concludere dicendo che tali manifestazioni di fede (processioni e riti), che sono alla fine delle testimonianze, devono il più possibile essere limpide sul piano della “significatività”, affinché rimandino al Mistero di Cristo morto e risorto (sto citando le parole del nostro Vescovo Mons. Luigi Martella in un convegno dal tema “Confraternite tra storia e futuro”, svoltosi a Giovinazzo dal 22 al 25 marzo 2004).
“Diversamente (ora sto citando invece Mons. Tonino Bello, indimenticabile Vescovo Santo di Molfetta), rischieremo di organizzare incredibili controtestimonianze, di strumentalizzare le cose sacre con la passerella delle nostre vanità o, bene che vada, di torchiare dai nostri poveri cuori commozioni sterili che durano solo … lo spazio di un meriggio”.


..................................... Francesco Stanzione - Priore Arciconfraternita della Morte
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