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IL CULTO DEI DOLORI DI MARIA SANTISSIMA A MOLFETTA


7° Convegno Internazionale di Studi sulla
Cultura Popolare Religiosa

Auditorium Museo Diocesano “Giovanni Speciale” del Seminario Vescovile


sul tema

LA MATER DOLOROSA NEL REGNO DELLE DUE SICILE E IN ANDALUSIA


Caltanissetta, 3 marzo 2012


INTERVENTO DEL
DOTT. FRANCESCO STANZIONE



Buon giorno a tutti gli intervenuti.
Rivolgo innanzi tutto un devoto saluto a S. Ecc.za Rev.ma Mons. Mario Russotto, Vescovo di questa bellissima città, successore di Mons. Giovanni Iacono, già Vescovo della mia Molfetta dal 1918 al 1921, prima di divenire Presule di Caltanissetta.
Ugualmente rivolgo il mio saluto al Sindaco dott. Michele Campisi e a tutte le altre Autorità.
Che la mia città abbia avuto come vescovo un nisseno, non è il solo motivo di affinità tra il sottoscritto e Caltanissetta, in quanto posso considerarmi un po’ nisseno anche io per aver ricevuto nel 2010 l’ onore di diventare socio onorario della Real Maestranza.
Un grandissimo abbraccio quindi a tutta la Real Maestranza, al carissimo amico Gioacchino Ricotta, da poco eletto Capitano e a Gianni Taibi che considero un fratello.
Ciò premesso, passo ad illustrare la mia relazione sul “Culto dei Dolori di Maria Santissima a Molfetta”.

La Madonna è venerata nella Cristianità con un culto espresso in vari titoli, tra i quali il più sentito, sicuramente perché più vicino alla realtà umana, è quello di Maria SS. Addolorata.
La devozione alla Madonna Addolorata trae origine dai passi del Vangelo nei quali si parla della presenza di Maria Vergine sul Calvario, al momento della Crocifissione.
Essa iniziò a diffondersi verso la fine dell’ XI secolo ed infatti nel Medio Evo si estrinsecò nel popolarissimo “Stabat Mater” in latino, attribuito al Beato Jacopone da Todi, che in lingua volgare compose anche le famose “Laudi”; da questa devozione ebbe origine la festa dei “Sette Dolori di Maria SS.”.
A metà del secolo XIII, esattamente nel 1233, l’Ordine dei “Servi di Maria” (Serviti), ispirato alla Madonna, vide la luce a Firenze per merito dei SS. Sette Fondatori e si distinse nei secoli successivi per l’intensa venerazione e la diffusione del culto della Addolorata.
Papa Innocenzo XII nel 1692 istituì la solennità dei Sette Dolori della Beata Vergine la terza domenica di settembre.
Successivamente questa celebrazione passò al venerdì antecedente la Domenica delle Palme, finchè nel 1914 il papa Pio X la fissò definitivamente al 15 settembre, non più come memoria dei “Sette Dolori”, ma più opportunamente della “Beata Vergine Maria Addolorata”.
Nella devozione popolare, alla figura dell’ Addolorata, che vede in genere Maria in piedi accanto alla croce, vestita di nero per la perdita del Figlio, con una o sette spade che le trafiggono il cuore, si affianca la Pietà in cui troviamo la Madonna e Gesù insieme; la Madre sorregge il Figlio, adagiato sulle sue ginocchia, dopo essere stato deposto dalla croce.
Si può dire che il culto ai Dolori di Maria SS. Addolorata è tale che, soprattutto in Italia ed in Spagna, non vi è città o paese senza una chiesa o una cappella a Lei dedicata; ugualmente numerosissime sono le Confraternite poste sotto questo titolo, soprattutto quelle collegate all’ Ordine dei Serviti.
La città di Molfetta non fa eccezione.
Qui però, diversamente che nella maggior parte delle altre città dell' Italia Meridionale, il culto della Addolorata viene celebrato essenzialmente nel periodo Quaresimale.
Infatti il 15 settembre, giorno in cui attualmente si solennizza liturgicamente la memoria della Beata Vergine Addolorata, mentre altrove tale ricorrenza vede grandi celebrazioni, soprattutto in quelle città in cui l' Addolorata ne è addirittura la Patrona (Bisceglie, Margherita di Savoia, Poggiorsini ...), a Molfetta è solo nelle Chiese del Purgatorio e di S. Stefano che si svolgono rispettivamente il Settenario ed il Triduo, con molto meno solennità però che nel periodo pre-pasquale.
Il fulcro della devozione a Maria Addolorata è sicuramente la chiesa popolarmente detta del Purgatorio, il cui nome originario è di Santa Maria Consolatrice degli Afflitti, dove è radicato da secoli il culto ai Dolori di Maria SS. attraverso la venerazione delle due Sacre Immagini dell’ Addolorata e della Pietà.
A curare questo culto è la Venerabile Arciconfraternita della Morte, istituita il 26 aprile 1613 con il titolo di Santa Maria del Pianto, affiancata dalla Associazione Femminile di Maria SS. Addolorata che cura in proprio però solo il Settenario di settembre e che ha sede nella stessa chiesa.
Scopo originario dell’ Arciconfraternita della Morte fu quello di provvedere alla sepoltura di quanti morivano in stato di totale povertà, ma già agli inizi del 1700 il culto all’ Addolorata e alla Pietà presero nettamente il sopravvento.
Prescindendo da quella che è stata l’ evoluzione negli ultimi tre secoli, attualmente il culto dei Dolori di Maria SS. nella Chiesa del Purgatorio si svolge secondo tre momenti fondamentali, dei quali i primi due possono considerarsi un tutt’ uno:
1) la Vestizione delle Madonne;
2) le Sacre Funzioni (Pio Esercizio a Maria SS. della Pietà e Settenario a Maria SS. Addolorata);
3) le Processioni (dell’ Addolorata il Venerdì un tempo chiamato di Passione e della Pietà il Sabato Santo).
Durante tutto l’ anno le Sacre Immagini vengono custodite in una apposita teca situata in un vano piuttosto ristretto, accessibile direttamente dall’ interno della chiesa, chiamato “la stanza delle statue”.
Con l’ Addolorata e la Pietà vengono custodite anche altre sei statue rappresentanti altrettanti personaggi della Passione: S. Pietro, la Veronica, S. Maria Cleofe, S. Maria Salomè, S. Maria Maddalena e S. Giovanni, che vanno in processione con la Pietà il Sabato Santo, precedendola.
Queste statue, in cartapesta policroma, sono state tutte realizzate dallo scultore molfettese Giulio Cozzoli, nell’ arco temporale di un cinquantennio che va dal 1906 al 1956, con la sola eccezione del volto e delle mani di Maria SS. della Pietà, che sono in legno e di cui si ignorano sia l’ autore che la provenienza.
Esse sono oggetto, per tutto l’ anno, di grande venerazione da parte della popolazione molfettese e di grandissima ammirazione da parte di chiunque le veda per la prima volta, essendo di grandissimo pregio artistico.

Il Pio Esercizio a Maria S.S. della Pietà

Nel pomeriggio del giorno successivo a quello delle Ceneri, la Pietà viene spostata dalla sua teca e, dopo essere stata rivestita di un altro velo, viene sistemata al lato dell’ altare maggiore.
Tutto avviene secondo un rituale che si svolge nel modo seguente.
Viene aperta la teca e il Cristo Morto viene sollevato dal grembo della Madonna. I due Componenti dell’ Amministrazione sorreggono il Cristo dalle gambe, mentre il Priore lo sorregge dalle braccia.
Una volta asportato, il Cristo viene collocato su un particolare supporto, creato appositamente per via delle braccia e delle gambe pendenti, onde non rovinare la statua.
La Madonna viene delicatamente portata fuori da quell’ angusto vano che viene chiamato “la stanza delle statue” attraverso la piccola porta di comunicazione con la chiesa e sistemata nella cappella di S. Gaetano, dove verrà preparata per l’esposizione.
Infatti, durante le prime quattro domeniche di Quaresima si svolge il Pio Esercizio a Maria S.S. della Pietà, esponendo la Sacra Immagine della Vergine che tiene in grembo il corpo esanime del Figlio.
A questo punto tutti quelli di sesso maschile vanno fuori dalla chiesa e con la Madonna restano solo le mogli dei tre Amministratori ed il Consiglio dell’Associazione Femminile di Maria SS. Addolorata con le quattordici Zelatrici; questa Associazione condivide l’ uso della Chiesa del Purgatorio con l’ Arciconfraternita della Morte.
Si procede, in questa occasione, al solo cambio del velo che, tra quelli in dotazione, viene in genere indicato dal Priore, anche se comunque la Madonna viene momentaneamente spogliata degli abiti comuni, per consentire di metterle sotto solo la biancheria inamidata che conferirà più vaporosità e consistenza all’ abbigliamento.
Terminata questa operazione, i confratelli possono rientrare in chiesa e procedere alla collocazione della Pietà sul lato sinistro dell’ altare maggiore, immediatamente dietro la balaustra, naturalmente dopo che i tre amministratori, con le precedenti modalità, hanno rimesso il Cristo in grembo alla Vergine.
Il Pio esercizio si svolge nelle prime quattro domeniche di Quaresima, è preceduto dalla S. Messa e consiste di cinque invocazioni a Cristo e alla Madonna, intervallate da tre vere e proprie romanze ottocentesche eseguite all’ organo e cantate da un duetto formato da un tenore e da un baritono
Queste tre romanze sono:
“Questo è il Calvario e quella è la sanguinea Croce”, “Torni alle mura ingrate” e “Madre che il Figlio gemi”.
Seguono il canto del “Vexilla” e la benedizione con la reliquia del Legno Santo. Al termine viene cantato il “De profundis”.

Il Settenario a Maria S.S. Addolorata

Il Settenario della Addolorata si svolge dal penultimo venerdì all' ultimo giovedì di Quaresima e si celebra, con orari e modalità diverse, in ben undici chiese di Molfetta: Purgatorio, S. Stefano, Sacro Cuore, S. Gennaro, SS. Crocifisso (Cappuccini), S. Corrado (Duomo), S. Domenico, S. Bernardino, Immacolata, S. Teresa e persino nella nuovissima S. Achille.
Ciò a testimonianza di una radicata fede popolare alla Vergine dei Dolori, a cui il popolo ricorre riconoscendola come Madre non solo di Dio, ma anche di tutti gli uomini.
Le due chiese in cui viene più solennemente celebrato sono comunque S. Stefano ed il Purgatorio ma, pur essendo il Settenario che si svolge presso S. Stefano praticamente uguale a quello che contemporaneamente si svolge nel Purgatorio, è senz’altro quest’ ultimo il più seguito e caro ai molfettesi, anche perché viene esposta la statua della Beata Vergine Addolorata che sarà poi portata in processione.
Il martedì antecedente l’ inizio del Settenario, nella chiesa del Purgatorio viene riposta nella sua teca la statua della Pietà e si espone quella della Addolorata.
Anche per questa occasione vi è un rituale particolare la cui centralità è rappresentata dalla vestizione della Vergine con gli abiti della processione, a cura delle mogli degli Amministratori della Confraternita, ancora una volta assistite dal Consiglio e dalle Zelatrici della Associazione Femminile di Maria S.S. Addolorata.
Nessun uomo può assistervi, così come le bambine e le donne nubili.
A proposito di questo rituale vi è un particolare di cui pochissimi sono a conoscenza e le cui origini o motivazioni, io stesso che sono stato Priore dell’ Arciconfraternita della Morte dal 2004 al febbraio 2010, non conosco.
Quando la statua dell’ Addolorata viene rimossa dalla sua teca, viene da lì portata nella sacrestia dove, a porte chiuse, sarà vestita con gli abiti della processione. A spostarla dalla sua abituale collocazione sono i due Componenti della Amministrazione della Morte, che la prendono per la base, ed il Priore che la abbraccia a sé, ponendo il capo della Madonna sulla spalla, e con una mano ne copre il viso durante tutto il breve tragitto dalla cosiddetta “stanza delle Statue” alla sacrestia.
Perché il Priore debba coprire il viso dell’ Addolorata, lo ripeto, non lo so; so che si fa e basta … ma d’ altro canto il bello di tante cose è proprio quello di essere avvolte da un alone di mistero …
Una volta quindi sistemata la Madonna per terra, al centro della sacrestia, i tre Amministratori rientrano in chiesa dove con altri confratelli di fiducia allestiscono tutto quello che servirà per la esposizione dell’ Addolorata.
Anche questa volta, mentre la Madonna viene svestita dell’ abito ordinario e rivestita di quello nuovo, le donne presenti al rito recitano il Rosario.
Questa operazione, così come quella che avverrà la domenica delle Palme allorchè vi sarà la vestizione della Pietà, richiede moltissimo tempo, essendo ormai entrata nella tradizione una meticolosità a volte esasperante nella sistemazione della biancheria, dell’ abito ma soprattutto del velo.
I confratelli procedono al montaggio della croce sulla base processionale, rivestita di una sfoglia di oro zecchino, su cui verrà posta l’ Addolorata.
Terminata la vestizione, molto tempo richiederà anche la sistemazione della “sindone” di tela bianca sui bracci orizzontali della croce, essendo a ciò preposte le stesse donne che hanno effettuato la vestizione dell’Addolorata.
Nella stessa occasione viene montato su due appositi banchi collocati alla sinistra della cappella di S. Gaetano il baldacchino che, durante le processioni, seguirà le statue dell’Addolorata e della Pietà, insieme al palliotto, alla croce e i due fanali che invece apriranno i sacri cortei.
Solo per la processione dell’Addolorata ci sarà anche lo stendardo della Associazione Femminile di Maria SS. Addolorata.
Il Settenario dura una settimana e si conclude il giovedì prima della processione. E’ articolato alla stessa maniera del Pio Esercizio alla Pietà ma, diversamente da questo, il Settenario si tiene anche la mattina, in forma meno solenne che la sera; consiste di sette invocazioni rivolte solo alla Madonna e di quattro romanze invece di tre, ugualmente cantate da un tenore e da un baritono. Queste non sono fisse, ma vi è un relativamente vasto repertorio di musiche che vengono eseguite alternativamente ogni sera, composte da autori molfettesi del tardo 800, quali Vincenzo Valente, Saverio Calò, Sergio Panunzio, Giuseppe e Francesco Peruzzi.
L’ ultima sera del Settenario, dopo il termine della Sacra Funzione, la banda esegue un concerto di sei marce funebri di fianco alla Chiesa del Purgatorio.
Altro particolare da ricordare è che la sera del mercoledì del Settenario, dopo la funzione, sulla base della Madonna vengono montati i quattro fanali in argento che serviranno per la processione, affinchè dal pubblico siano visti solo a partire dal giovedì.

La processione dell’ Addolorata

Il Venerdì antecedente la domenica della Palme, un tempo chiamato di Passione, dalle sei del mattino fino alle undici, nel Purgatorio vi sono S. Messe ogni ora; generalmente la S. Messa delle 10,00 viene celebrata dal Vescovo.
A mezzogiorno la chiesa viene chiusa e si procede alla preparazione della Sacra Immagine dell’ Addolorata per la processione.
Altro rituale, in chiesa e davanti a tutti, che vede il cambio del velo con quello della processione (anche in questo caso è il Priore che decide quale) ed il cambio dello stellario e dello spadino in argento con quelli in oro, prelevati il giorno precedente dalla Curia Vescovile, dove sono depositati durante il resto dell’ anno, e custoditi provvisoriamente in casa del Priore fino a conclusione della Settimana Santa. Anche la “sindone” viene sostituita con un’ altra.
Anche queste operazioni vengono svolte non sempre con una certa celerità, quanto mai opportuna, visto che mancano solo poche ore allo svolgersi della processione; infatti alle ore 15,30 finalmente il portone viene spalancato per dare inizio al tanto atteso evento.
Precedono tre giovanotti in frak chiamati Stradari: essi aprono il sacro corteo.
Segue il palliotto, che è l’ insegna dell’ Arciconfraternita della Morte, nero con stelle in oro, indi la Croce con a latere i due fanali; questi simboli vengono retti da alcuni giovani confratelli incappucciati.
Subito dopo si colloca lo stendardo della Associazione Femminile, quindi le Socie ed i Confratelli; tutti reggono un cero.
Gli Stradari sono preceduti da un quartetto di musicanti che esegue una antichissima melodia avente un motivo orientaleggiante, in cui il rullo del tamburo, intervallato dal colpo ritmico della grancassa, fa da accompagnamento al flauto; alla fine di questo motivo, vi sono gli squilli di una tromba, quelli che costituiscono il cosiddetto “ti – tè”.
Intanto la banda, prendendo posto di fianco alla chiesa del Purgatorio, esegue nella mezzora che precede l’ uscita della Madonna, le marce funebri “I funerali di A. Manzoni” e “Jone”.
Poco prima delle 16,00 viene portato fuori il baldacchino, sorretto da otto confratelli, da sotto il quale, dopo essere stato innalzato, passerà il simulacro della Addolorata, portata a spalla da quattro confratelli incappucciati. Le note della marcia funebre “Sventurato”, del molfettese Vincenzo Valente, accompagnano l’ uscita della Vergine.
La processione si dirige subito in Molfetta Vecchia, uscendone dall’ Arco, per proseguire il suo lungo itinerario, che si svolge comunque tutto nella parte più antica della città.
Tutto terminerà intorno alla mezzanotte, dopo otto ore di processione, quando la Madonna rientra in chiesa con le note dello Stabat Mater.

La processione del Sabato Santo o della Pietà

Il Sabato Santo alle 11,15 si spalanca il portone della Chiesa del Purgatorio e, con le stesse modalità dell’Addolorata, incomincia a prendere corpo quella che viene definita la processione della Pietà che però non si dirige nella città vecchia ma procede diritta per via Dante, chiamata il Borgo.
Apre il solito quartetto di musicanti, seguito dagli Stradari, dal Paliotto e dalla Croce con i due fanali; subito dopo la statua di San Pietro, portato dalla Confraternita di Maria S.S. Assunta.
A seguire la Veronica, portata dalla Confraternita del Carmine, S. Maria Cleofe, portata dalla Confraternita della Purificazione, S. Maria Salomè, portata dalla Confraternita della Madonna di Loreto, S. Maria Maddalena, portata dalla Confraternita dell’ Immacolata e S. Giovanni, portato dalla Confraternita di S. Antonio.
Durante l’ uscita delle Statue, la banda suona prima la marcia funebre “Gatti” e poi “Perduta”.
A mezzogiorno in punto la banda intona le note della marcia “Dolor”, allorquando compare sul sagrato della chiesa la monumentale immagine della Pietà, portata dai confratelli della Morte.
La lunga fila dei confratelli della Morte, come per la processione dell’ Addolorata, è chiusa dai tre componenti l’ Amministrazione (Priore, 1° e 2° Componente) che precedono immediatamente la banda.
Dopo “Dolor” viene eseguita la marcia “Patetica”, dinanzi alla casa del suo compositore Francesco Peruzzi, e la processione si inoltra per lo stesso itinerario di quella del venerdì precedente.
Alla ritirata, prevista intorno alle ore 21.30, la statua della Pietà viene portata a spalla dai sacerdoti, in cotta e stola, che la prendono in consegna poco dopo il mercato del pesce, in via Dante, in un punto chiamato “Chezzelicchie”, dal nome di un bar lì esistente moltissimi anni addietro.
Le note dello “Stabat Mater” suggellano la fine della Settimana Santa molfettese, allorquando dopo la Pietà vengono ritirate in chiesa le altre statue in ordine inverso a quello dell’ uscita e il portone viene immediatamente chiuso.
Mi sia concesso, a conclusione del mio intervento, di ribadire un concetto che sono solito esprimere tutte le volte che mi si chiede di parlare di Settimana Santa.
Si sarà sin qui notato che, nel descrivere Funzioni e Processioni, sono stato molto dettagliato. A questo proposito voglio rimarcare che il resistere alle ingiurie dei nostri tempi da parte di queste tradizioni, è dovuto proprio alla pedissequa ripetizione, anno dopo anno, di tutti i particolari riferiti (funzioni, gesti, musiche ed itinerari).
Rimuovere anche uno solo di questi tasselli, significherebbe iniziare un’ opera che un po’ alla volta, nel tempo, potrebbe essere demolitrice.

dott. Francesco Stanzione