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ARCICONFRATERNITE, PROCESSIONI E RITI: ORIGINE E SIGNIFICATO

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Conferenza organizzata dalla Pro Loco di Molfetta presso la Sala del Consiglio Comunale
Molfetta,12 marzo 2008
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Non più tardi di una decina di giorni fa, il presidente della locale Pro Loco, il Sig. Nicola Campo, è venuto da me presso la Chiesa del Purgatorio e mi ha invitato ad essere relatore alla conferenza di questa sera.
Di ciò lo ringrazio, ma voglio precisare che il sottoscritto non è né un oratore provetto, né tanto meno uno che fa conferenze, essendo questa la prima volta che mi viene rivolto un invito del genere.
Devo, per dovere di obiettività dire che, in un primo tempo sono stato tentato dall’ opporre un cortese diniego, a motivo del pochissimo tempo che ho in questi giorni da poter dedicare a quanto non sia la organizzazione dei vari riti della Settimana Santa ed anche perché sarei stato assente al Settenario di Maria S.S. Addolorata, che si sta svolgendo proprio in questo momento, mentre io sono qui.
Facendo però una rapida disanima della situazione, ho considerato che per prima cosa non potevo dire di no al sig. Campo che con me è sempre stato molto gentile e poi, molto probabilmente, c’ era da attendere ad un dovere quasi istituzionale che è quello di essere a disposizione della città nel porgere nella maniera più corretta quelle che sono tutte le informazioni riguardanti l’ Arciconfraternita della Morte che mi onoro di presiedere e le nostre plurisecolari tradizioni della Settimana Santa.
Infatti l’ Arciconfraternita della Morte, a motivo del culto alla Madonna Addolorata, che notoriamente coinvolge molto più che il culto ad altri Santi o alla Madonna stessa sotto altri titoli, è la più popolare tra le confraternite di Molfetta e, proprio per questo ritengo che, molto più che altre, appartenga a tutta la nostra città e ad essa sia sentita molto più vicina.
Caro presidente, stasera farò … anzi dirò … del mio meglio, per non deludere lei e quanti pazientemente mi ascolteranno.
Entriamo nel vivo della questione, ripetendo quello che è il tema di questa sera:

“Arciconfraternite, processioni e riti: origine e significato”.

Volendo schematizzare quello che esporrò, bisogna quindi dividere il tema in tre parti.
1) Arciconfraternite
2) Processioni e Riti
3) Origine e significato

Per ciò che riguarda le Arciconfraternite, chiaramente, essendone io il Priore, devo parlare dell’ Arciconfraternita della Morte.
Anticipo però che i tre punti cardini del discorso li articolerò e li integrerò l’ uno con l’ altro in maniera interattiva (tanto per usare un linguaggio da computer), aprendo e chiudendo finestre, accennando alla storia servendomi dei fatti più che delle date, e descrivendoli attraverso la mia diretta esperienza non solo di Priore ma di appassionato cultore, fin da bambino, delle nostre tradizioni.

Orbene l’ Arciconfraternita della Morte, che tutti quanti conosciamo con questo nome, è legalmente riconosciuta con la denominazione di Arciconfraternita della Madonna del Pianto.
Pochi lo sanno, ma quando il Vescovo emana il decreto con il quale viene ratificata la elezione del nuovo Priore della Morte, l’ Arciconfraternita così viene denominata e con questa stessa denominazione se ne fa comunicazione alla Prefettura, per la variazione del nominativo del legale rappresentante del Sodalizio.
L’ Arciconfraternita della Morte fu fondata il 26 aprile dell’ anno 1613, per volontà di trentotto cittadini molfettesi che si riunirono presso il convento di San Francesco, allora ubicato dove attualmente si trova il Mercato Ittico, esattamente di fronte al porto.
Lo scopo di questo congregarsi fu la necessità spirituale che quei trentotto galantuomini sentivano di fronte al fatto che a quell’ epoca, non esistendo ancora i cimiteri, molto spesso coloro che appartenevano a categorie indigenti, non avevano nemmeno dove poter essere seppelliti in caso di morte; non solo, ma a causa delle tante malattie endemiche che flagellavano le nostre popolazioni, tipo la peste, molto spesso i cadaveri rimanevano per strada senza sepoltura.
Di fronte a queste problematiche dell’ epoca, quei neo congregati si assunsero il benemerito onere di provvedere loro alla cristiana sepoltura di quanti non potevano permettersi nemmeno quello, o di quei corpi abbandonati per le strade in balia delle intemperie e degli animali.
Non è possibile conoscere esattamente cosa dissero tra loro in quel lontano 26 aprile del 1613 quei trentotto molfettesi; possiamo immaginare che possano essersi riuniti di sera, dopo aver lavorato tutta la giornata, giacchè a quei tempi il lavoro lasciava poco spazio a tutte le altre occupazioni, e che presumibilmente appartenessero per lo più ad un ceto artigiano, considerando colui che scelsero come primo priore, tale “mastro” Simino de Messina.
Possiamo anche ipotizzare che, essendo lo scopo di quel congregarsi di natura, diciamo pure “filantropica”, gli iscritti potessero essere persone di agiata condizione economica.
Dopo pochissimi mesi comunque, esattamente il 10 gennaio del 1614, il priore Mastro Simino de Messina chiese al Vescovo Mons. Giovanni Bovio l’ autorizzazione al trasferimento nella Chiesa di Santa Maria de Principe, da tutti attualmente conosciuta come Chiesa della Morte, nel centro storico (da notare che la denominazione di Chiesa della Morte risale già al 1626).
Trascorrono appena cinque giorni dalla richiesta del priore e il 15 gennaio 1614 il Vescovo concede l’ autorizzazione richiesta, con un tempismo che sarebbe perla rarissima ai nostri giorni.
Nello stesso mese, esattamente il 28 gennaio 1614, quegli stessi neo confratelli ottengono l’ aggregazione all’ Arciconfraternita romana di Santa Maria dell’ Orazione e Morte, assumendone a pieno titolo il nome ed il privilegio di potersi fregiare del titolo di Arciconfraternita.
Nella nuova sede i confratelli della Morte costruirono tutte quelle tombe che attualmente vediamo attraverso i vetri sul pavimento della Chiesa della Morte.
Alla fine del ‘ 600, e per essere più precisi nel 1699, i confratelli erano in numero di cinquanta.
Devo a questo punto, e per onestà intellettuale da parte mia dire che, non essendo il sottoscritto uno storico o un frequentatore di archivi storici, tutto quanto sto riferendo è un mixage di varie notizie apprese da pubblicazioni di autori vari quali don Luigi de Palma, Corrado Pisani e Gianni Amato, che molto hanno fino ad ora prodotto sull’ argomento Arciconfraternita della Morte.
Andiamo avanti ed arriviamo al 1715, quando invece i confratelli erano in numero di centoventuno e quando già esisteva una prima processione che era composta solo di alcune statue che uscivano nella notte tra il Venerdì ed il Sabato Santo.
Dalla visita locale di Mons. Salerni risultavano esservi nella Chiesa della Morte, a quell’ epoca, una statua della Madonna dei Sette Dolori, un Cristo al Calvario, la Veronica ed una non meglio identificata Santa Maria del Pianto che potrebbe essere riconducibile alla Pietà, tenuto conto anche della presenza di un Cristo Morto.
Circa la composizione di questa processione quindi, non si può escludere che, almeno inizialmente, la Madonna dei Sette Dolori, cioè l’ Addolorata, uscisse insieme a quella che presumibilmente doveva essere la Pietà.
Per quanto riguarda poi l’ itinerario, così esso viene descritto:
“la sera del Venerdì Santo esce dalla Chiesa della Morte per la strada di San Lorenzo (la attuale via S. Orsola), va per la Piazza, per il Salvatore, passa per la Cattedrale (che allora era il Duomo), si avvia per S. Pietro, per la Mente, esce per il Borgo, rientra per la Porta del Castello (dove ora c’ è Piazza Municipio), e per li Molini (quella che ora è via Morte) torna alla medesima Chiesa.
Passavano gli anni ed il numero degli iscritti aumentava al punto che, il 7 dicembre del 1738, l’ assemblea dei confratelli delibera, su proposta del priore che allora era il sacerdote Domenico Minervino, il trasferimento nella Chiesa del Purgatorio in quanto la vecchia chiesa non era più in grado di contenere l’ alto numero dei congregati.
Il 17 febbraio 1739 la Curia Vescovile rilascia l’ autorizzazione al trasferimento che quattro giorni dopo il Vescovo ratifica.
Anche in questo caso un tempismo eccezionale, come vedete.
Dopo ancora pochissimi giorni, il 1° marzo 1739 i confratelli trasferiscono processionalmente le Statue dell’ Arciconfraternita della Morte dalla Chiesa della Morte in quella del Purgatorio, in cui ancora oggi ha sede.
Mi piace a questo punto riferire in che maniera viene descritto questo trasferimento, secondo quanto è scritto in un protocollo notarile del notaio de Leone, del 12 marzo di quello stesso anno:
“con tanta solennità e festa, e specialmente con una solenne processione trasferendosi le statue di detta Arciconfraternita dalla Chiesa della Morte, in cui per lo passato la medesima è stata fissa, accompagnata detta Processione da tutti li Confratelli, dal Reverendissimo Signor Vicario, e da tutto il Popolo col suono di tutte le campane, e col sparo di moltissimi mortaretti e cannoni fu trasferita in detta Chiesa del Purgatorio.”
Considerazione: ve le sareste viste le nostre attuali Statue, finito il restauro della Chiesa del Purgatorio nel giugno scorso, rientrare nella loro Chiesa festeggiate da uno sparo di mortaretti? Sicuramente no … eppure quasi tre secoli fa ciò è avvenuto, a dimostrazione che in ogni epoca ci sono dei parametri di valutazione diversi.
Da quel momento in poi l’ Arciconfraternita della Morte e la Chiesa del Purgatorio si identificheranno per sempre, sia storicamente che per quanto di religioso esse esprimono.
Intanto tra la fine del 1700, (pensiamo che nel 1789 c’ è stata la Rivoluzione Francese) e gli inizi del 1800, la Società e le abitudini degli uomini cominciavano a mutare e, conseguenzialmente, anche l’ Arciconfraternita della Morte, che mutò addirittura il suo scopo originario che era quello della sepoltura dei morti poveri ed abbandonati.
Infatti, dopo l’ editto di Saint - Cloud emanato da Napoleone Bonaparte nel 1804, che obbligava a seppellire i morti fuori dalle mura cittadine, istituendo di fatto quelli che sono gli odierni cimiteri, furono vietate le sepolture in luoghi diversi da questi, e quindi anche nella Chiesa della Morte si smise con l’ usanza di seppellire sotto di essa i resti mortali di quelli che potremmo chiamare, in un certo senso, gli assistiti dei confratelli della Morte.
Da allora in poi, fino ad oggi, la finalità principale dell’ Arciconfraternita della Morte divenne il culto dei Dolori di Maria Santissima.
Poco o nulla sappiamo circa le pratiche devozionali di quell’ epoca, ma con certezza si sa che, almeno per quanto riguarda la processione notturna, alle Statue originarie, già nella metà del 1700, se ne era aggiunta un’ altra, esattamente quella della Maddalena, rappresentata penitente nel deserto.
Siamo, ripeto, agli inizi del 1800.
Nel 1827 viene ancora aggiunta una statua di S. Giovanni, opera di Francesco Verzella, maestro napoletano, che è anche l’ autore della Madonna del Buon Consiglio, dell’ Assunta e del S. Luigi che si trovano presso la chiesa di S. Gennaro, nonché della Madonna dei Martiri e della Madonna del Carmine, della omonima Confraternita di Molfetta.
Verso ancora la metà del 1800 viene aggiunta finalmente la statua di S. Pietro.
Questo assetto processionale va avanti fino agli inizi del 1900, quando iniziò a prendere forma quella che è la attuale processione del Sabato Santo.
A questo proposito vi è da dire che la storia dell’ Arciconfraternita della Morte e della processione del Sabato Santo a Molfetta dagli inizi del novecento alla fine degli anni 50, si identifica praticamente con l’ attività artistica dello scultore molfettese Giulio Cozzoli, del quale lo scorso anno è ricorso il cinquantenario della scomparsa.
Infatti Giulio Cozzoli, molto amante anch’ egli delle nostre tradizioni della Settimana Santa, realizzò nel 1906 la prima della sette statue che attualmente compongono la processione: la Veronica, in sostituzione della precedente che altro non era che una vecchia immagine della Madonna del Carmine, adattata a reggere il velo col Santo Volto impresso.
Nel 1908 rifece il Cristo della Pietà che, pur essendo del 1700, non si confaceva come proporzioni ad una Madonna con quel viso bellissimo, essendo piuttosto piccolo come dimensioni.
Nel 1914, poiché la statua del Calvario rappresentava un doppione rispetto a quella pregevolissima cinquecentesca della processione dei Misteri del Venerdì Santo, organizzata dall’ Arciconfraternita di S. Stefano, l’ Arciconfraternita della Morte decise di eliminarla e di inserire al suo posto, nella sacra rappresentazione, la figura di una delle pie donne presenti sul Golgota, Santa Maria Cleofe. L’ incarico fu affidato sempre a Giulio Cozzoli ma, poiché la statua, pur bellissima, risultò essere leggermente più alta rispetto alle altre, lo stesso autore provvide a rifarla nel 1924, mentre nel 1927 realizzò quella di S. Giovanni, sostituendo la pur pregevole opera del Verzella, purtroppo corrosa dal tarlo.
Nel 1928 il Vescovo di Molfetta Mons. Pasquale Gioia espresse il desiderio, esaudito, di aggiungere alla serie delle sacre immagini del Sabato Santo, la statua di Santa Maria Salomè, in maniera tale da avere in processione tutte le tre Marie (Cleofe, Salomè e Maddalena). Fu realizzata ad Ortisei, in Val Gardena, insieme ad una nuova statua della Maddalena (quella settecentesca era in condizioni ormai precarie) che, essendo stata raffigurata in ginocchio e non gradita dalla popolazione, che la ritenne come una nota stonata tra le altre statue in posizione eretta, andò in processione solo nel 1928.
L’ anno successivo (1929) fu sostituita da un’ altra in legno, sempre proveniente da Ortisei, che grosso modo richiamava nella postura quella precedente del 1700.
Si deve aspettare il 1948 affinchè la confraternita desse mandato nuovamente a Giulio Cozzoli di realizzare un nuovo San Pietro.
Ormai cinque statue su sette erano state realizzate dal Cozzoli, per cui si decise di dare uniformità alla processione, completando la serie con una nuova statua di Santa Maria Salomè e di Santa Maria Maddalena, che andarono per la prima volta in processione rispettivamente nel 1954 e nel 1956.
Il 1956 fu un anno indimenticabile per la nostra processione del Sabato Santo, per due motivi, uno fausto e l’ altro infausto.
Se da un lato segnò il completamento delle statue realizzate da Giulio Cozzoli, dall’ altro fu il primo anno in cui, a causa del Novus Ordo, la processione anzichè uscire all’ una di notte del sabato uscì a mezzogiorno, perdendo gran parte di quel misticismo che l’ uscita notturna le conferiva.
Da allora ad oggi l’ orario è rimasto questo, tranne nel 2006, anno in cui a causa dei lavori di restauro alla Chiesa del Purgatorio, la processione è uscita dalla Cattedrale alle ore cinque del mattino del sabato, per non intralciare il regolare svolgersi delle attività parrocchiali di quella giornata.
Concludiamo questo excursus storico riferendo che nel 1957, sempre per mano del Cozzoli, fu realizzata una nuova statua della Addolorata, che però andò in processione nel successivo anno 1958, quando ormai il suo insigne autore era morto.
Possiamo quindi dire che tutte le statue portate in processione dall’ Arciconfraternita della Morte sono state realizzate in cartapesta da un unico autore: il grande scultore molfettese Giulio Cozzoli.

Fino a questo momento ho parlato dell’ Arciconfraternita della Morte in termini più che altro storici.
Vediamo ora quelli che sono i

Riti, Funzioni e Processioni
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così come oggi vengono svolti, non tanto durante tutto l’ anno, quanto nell’ ambito di quello che è il periodo più atteso dai molfettesi: la Quaresima.

Parlando di questi tre aspetti separatamente non si darebbe una idea organica di quello che è la Quaresima Molfettese, anche se questa non vede protagonista la sola Arciconfraternita della Morte, ma anche la ancor più antica Arciconfraternita di Santo Stefano che organizza la processione del Venerdì Santo, quella detta dei Cinque Misteri; pur essendo lo scrivente confratello anche di quel venerabile sodalizio, è opportuno che i cenni su di essa li dia solo chi è responsabile di quell’ Arciconfraternita, cosa che comunque è stata già fatta poco prima del mio intervento.
Infatti nell’ Arciconfraternita della Morte questi tre elementi si fondono in tutt’uno, talchè il rito diventa funzione e la processione stessa diventa un rito ed una funzione, proponendo con lo sfilare dei personaggi della Passione una specie di Vangelo vivente a chi assiste al passaggio delle Sacre Immagini.
L’ attività dell’ Arciconfraternita si svolge per l’ intero anno, con l’ adempimento di quanto comune a tutte le altre confraternite, e specialmente con l’ incontro settimanale del sabato sera per la celebrazione della S. Messa ma, lo ripeto, è la Quaresima certamente il momento più forte.

Partiamo dal

Rito della Croce
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Tutto inizia nella mezzanotte esatta tra l’ ultimo giorno di Carnevale (martedì) ed il primo di Quaresima, il mercoledì delle Ceneri, quando dal Purgatorio esce la processione della Croce, mentre il campanone della Cattedrale scandisce trentatrè lenti rintocchi, accompagnato dalle campane delle altre chiese della città; infatti una grande Croce, quella che poi aprirà i sacri cortei della Addolorata e della Pietà, sorretta da un confratello della Morte incappucciato, con a lato altri due che reggono ognuno un fanale, ne percorre lo stesso itinerario per terminare al Calvario. Da qui, dopo una breve omelia seguita dalla benedizione impartita dal Padre Spirituale, si ritorna al Purgatorio.
Per tutta la sua durata la processione, così come quelle pasquali, viene aperta da un quartetto di musicanti che esegue una antica melodia orientaleggiante in cui il rullo del tamburo, intervallato dal colpo ritmico della grancassa, fa da accompagnamento al flauto; alla fine di questo motivo, vi sono gli squilli di una tromba, quelli che costituiscono il cosiddetto “ti – tè”.

Il Pio Esercizio a Maria S.S. della Pietà
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Il giorno successivo a quello delle Ceneri la Pietà viene spostata dalla sua teca e, dopo essere stata rivestita di un altro velo, viene sistemata al lato dell’ altare maggiore.
Infatti, durante le prime quattro domeniche di Quaresima si svolge il Pio Esercizio a Maria S.S. della Pietà, esponendo la Sacra Immagine della Vergine che tiene in grembo il corpo esanime del Figlio.
Il Pio esercizio, preceduto dalla S. Messa, consiste di preghiere ed invocazioni a Cristo e alla Madonna, intervallate da tre vere e proprie romanze cantate da un duetto formato da un tenore e da un baritono: “Questo è il Calvario e quella è la sanguinea Croce”, “Torni alle mura ingrate” e “Madre che il Figlio gemi”.
Seguono il canto del Vexilla e la benedizione con la reliquia del Legno Santo.

Il Settenario a Maria S.S. Addolorata
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Con il Venerdì antecedente quella che un tempo si chiamava Settimana di Passione inizia il Settenario a Maria S.S. Addolorata, e con esso si sente già l’ odore della Settimana Santa.
Viene riposta nella sua teca la statua della Pietà e si espone quella della Addolorata.
Vi è tutto un rituale per questa occasione, ed il centro di tutto è senz’ altro la vestizione della Vergine con gli abiti della processione, a cura delle mogli degli Amministratori della Confraternita, assistite dal Consiglio e dalle Zelatrici della Associazione di Maria S.S. Addolorata che, con l’ Arciconfraternita della Morte convive nella Chiesa del Purgatorio.
A questo punto, proprio perché mi è stato precedentemente chiesto di raccontare qualcosa di inedito e di poco conosciuto, a proposito di questo rituale voglio riferire un particolare di cui pochissimi sono a conoscenza e le cui origini o motivazioni, io stesso che sono il Priore dell’ Arciconfraternita della Morte, non conosco.
Quando la statua dell’ Addolorata viene rimossa dalla sua teca, viene da lì portata nella sacrestia dove a porte chiuse sarà vestita con gli abiti della processione. A spostarla dalla sua abituale collocazione sono i due Componenti della Amministrazione della Morte, che la prendono per la base, ed il Priore che la abbraccia a sé, e con una mano ne copre il viso durante tutto il breve tragitto dalla cosiddetta “stanza delle Statue” fino alla sacrestia.
Perché il Priore debba coprire il viso dell’ Addolorata, lo ripeto, non lo so; so che si fa e basta … ma d’ altro canto il bello di tante cose è proprio quello di essere avvolte da un alone di mistero … non vi pare?
Il Settenario dura una settimana e si conclude il giovedì prima della processione. E’ articolato alla stessa maniera del Pio Esercizio alla Pietà, ma invece di tre romanze, ne ha quattro, ugualmente cantate da un tenore e da un baritono. Queste non sono fisse, ma vi è un relativamente vasto repertorio di musiche che vengono eseguite alternativamente ogni sera, composte da autori molfettesi del tardo 800, quali Vincenzo Valente, Saverio Calò, Sergio Panunzio, Giuseppe e Francesco Peruzzi. Diversamente dal Pio Esercizio, il Settenario si tiene anche la mattina, ma in forma meno solenne che la sera.
L’ ultima sera del Settenario, dopo il termine della Sacra Funzione, la banda esegue un concerto di sei marce funebri di fianco alla Chiesa del Purgatorio.

La Bussola

La Bussola, pur non essendo un rito religioso, è forse il momento più atteso dai confratelli della Morte, perché altro non è che il sorteggio che designerà le coppie portatrici delle sacre immagini della Addolorata e della Pietà, giacchè tutte le altre Statue vengono affidate ad altre confraternite, su invito dell’ Arciconfraternita della Morte.
Gli aspiranti portatori inoltrano la domanda all’ Amministrazione che, dopo averle vagliate, le ammette a partecipare al sorteggio che avviene la domenica prima della processione dell’ Addolorata, attribuendo un numero in ordine cronologico per ognuna di esse. Saranno estratte dodici coppie portatrici per l’ Addolorata e dodici per la Pietà, a fronte di un itinerario che comprende tre tratti per ogni processione.
E’ superfluo dire quanto grande sia la gioia di chi ha la fortuna di vedere estratto il proprio numero e quanto altrettanto grande sia la delusione di chi ha visto vanificare le proprie speranze, che si traducono in una nuova lunga attesa per l’ anno successivo.
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La processione dell’ Addolorata
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Il Venerdì che in Spagna viene definito Viernes de Dolores, dalle sei del mattino fino alle undici, nel Purgatorio vi sono S. Messe ogni ora.
A mezzogiorno la chiesa viene chiusa e si procede alla preparazione della Sacra Immagine dell’ Addolorata; infatti alle ore 15,30 finalmente il portone viene spalancato per dare inizio alla tanto attesa processione.
Precedono tre giovanotti in frak chiamati Stradari: essi aprono il sacro corteo.
Segue il Paliotto, che è l’ insegna dell’ Arciconfraternita della Morte, nero con stelle in oro, indi la Croce con a latere i due fanali; questi simboli vengono retti da giovani confratelli incappucciati.
Subito dopo segue lo stendardo della Associazione Femminile, le Socie ed i Confratelli. Tutti reggono un cero.
Intanto la banda esegue nella mezzora che precede l’ uscita della Madonna le marce funebri “I funerali di A. Manzoni” e “Jone”.
Poco prima delle 16,00 viene portato fuori il baldacchino, sorretto da otto confratelli, da sotto il quale, dopo essere stato innalzato, passerà il simulacro della Addolorata, portata a spalla da quattro confratelli anch’essi incappucciati. Le note della marcia funebre “Sventurato”, del molfettese Vincenzo Valente, accompagnano l’ uscita della Vergine.
La processione si dirige subito in Molfetta Vecchia, uscendone dall’ Arco, per proseguire il suo lungo itinerario, che si svolge comunque tutto nella parte più antica della città.
Tutto terminerà intorno alla mezzanotte, dopo otto ore di processione, quando la Madonna rientra in chiesa con le note dello Stabat Mater.
E’ importante rilevare che durante l’ itinerario, vi sono molti punti fissi in cui vengono suonate sempre le stesse marce funebri, come ad esempio “Fatalità” quando la Madonna esce dall’ arco della città vecchia, lo “Stabat Mater” in via Annunziata ed alla ritirata, il “Simon Boccanegra” in piazza Cappuccini, il “De Candia” in via Margherita di Savoia e così via.

L’ Adorazione Eucaristica
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Il giorno successivo alla processione dell’ Addolorata e quindi antecedente la domenica delle Palme, nella Chiesa del Purgatorio si svolge una Funzione che, senza dubbio, non è meno importante di quelle svoltesi durante tutto l’ arco della Quaresima.
Si tratta della Adorazione del S.S. Sacramento, nel tardo pomeriggio.
In verità, tanti anni addietro, la esposizione del S.S. Sacramento avveniva per tutta la giornata per favorire le adorazioni di quanti, in privato, volevano raccogliersi in preghiera davanti a Gesù Cristo.
Perché dicevo che questa Funzione non è meno importante delle altre e aggiungo, anzi, che è la più importante? Per il motivo semplicissimo, ma non da tutti fatto proprio sebbene siano trascorsi duemila anni di Cristianità, che il S.S. Sacramento è, sottolineo “è”, Gesù Cristo in persona, mentre quelle dell’ Addolorata e della Pietà, essendo statue, richiamano semplicemente alla memoria la Madre di Dio.

La domenica delle Palme
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La domenica delle Palme, contrariamente che per l’ Arciconfraternita di S. Stefano, non rappresenta per l’ Arciconfraternita della Morte una giornata densa di impegni religiosi, giacchè solo nella tarda serata organizza da un tradizionale concerto di marce funebri a piè fermo, sempre di fianco alla Chiesa del Purgatorio, durante il quale vengono eseguiti altri sei brani del nostro vasto repertorio musicale della Settimana Santa.
Intanto, come dirò tra un poco, all’ interno della chiesa si comincia a lavorare per l’ allestimento del Sepolcro.

Il Sepolcro

Con la ritirata della processione dell’ Addolorata si entra nel vivo della Settimana Santa.
Nel pomeriggio della domenica delle Palme l’interno della Chiesa del Purgatorio diventa un vero e proprio cantiere: si inizia a realizzare il Sepolcro, quello che ora si chiama semplicemente esposizione delle Statue, ma che io continuerò per sempre a chiamare come lo ho sentito da quando sono nato, il Sepolcro.
In una navata divisa dal resto della chiesa da un grande drappo nero avviene la vestizione della Pietà, subito dopo che l’ Addolorata, rivestita degli abiti ordinari è stata riposta nella sua teca.
Contemporaneamente, nella zona dell’ altare maggiore, vengono allestite le impalcature su cui verranno disposte le altre Statue, secondo un ordine più tradizionale possibile e con la Pietà al centro.
Sempre a proposito del citare episodi particolari e poco conosciuti, c’ è qui da riferire degli “sfottò” a cui viene sottoposto dagli amici, quel confratello che dovesse prendere in mano il gallo di S. Pietro, perché, si dice, che chi compie questo gesto non sarà estratto alla Bussola dell’ anno successivo, ove partecipasse al sorteggio per portare a spalla l’ Addolorata o la Pietà.
I giorni successivi saranno dedicati alla sistemazione dei candelieri e dei fiori, in modo che tutto sia pronto per il tardo pomeriggio del Giovedì Santo quando, dopo una breve cerimonia a porte chiuse, viene benedetto il Sepolcro e si apre la Chiesa ai visitatori.
Tutta la fatica occorsa per la realizzazione del Sepolcro si esaurirà nel volgere di poche ore, perché il giorno dopo, subito dopo il secondo passaggio della processione dei Misteri del Venerdì Santo, dopo mezzogiorno, la chiesa viene chiusa e si procede al disfacimento, al termine del quale le statue, riposte sulle loro basi, vengono già sistemate al centro della chiesa per la processione del giorno successivo.

La processione del Sabato Santo o della Pietà

Il Sabato Santo alle 11,15 si spalanca il portone della Chiesa del Purgatorio e, con le stesse modalità dell’ Addolorata, incomincia a prendere corpo quella che viene definita la processione della Pietà che però non si dirige nella città vecchia ma procede diritta per via Dante, chiamata il Borgo.
Apre il solito quartetto di musicanti, seguito dagli Stradari, dal Paliotto e dalla Croce con i due fanali; subito dopo la statua di San Pietro, portato dalla Confraternita di Maria S.S. Assunta.
A seguire la Veronica, portata dalla Confraternita del Carmine, S. Maria Cleofe, portata dalla Confraternita della Purificazione, S. Maria Salomè, portata dalla Confraternita della Madonna di Loreto, S. Maria Maddalena, portata dalla Confraternita dell’ Immacolata e S. Giovanni, portato dalla Confraternita di S. Antonio.
Durante l’ uscita delle Statue, la banda suona prima la marcia funebre “Gatti” e poi “Perduta”.
A mezzogiorno la banda intona le note della marcia “Dolor”, allorquando compare sul sagrato della chiesa la monumentale immagine della Pietà, portata dai confratelli della Morte.
La lunga fila dei confratelli della Morte è chiusa dai tre componenti l’ Amministrazione (Priore, 1° e 2° Componente) che precedono immediatamente la banda.
Dopo “Dolor” viene eseguita la marcia “Patetica”, dinanzi alla casa del suo compositore Francesco Peruzzi, e la processione si inoltra per lo stesso itinerario di quella del venerdì precedente.
Alla ritirata, prevista intorno alle ore 21.30, la statua della Pietà viene portata a spalla dai sacerdoti, in cotta e stola, che la prendono in consegna poco dopo il mercato del pesce, in via Dante, in un punto chiamato “Chezzelicchie”, dal nome di un bar lì esistente moltissimi anni addietro.
Le note dello “Stabat Mater” suggellano la fine della Settimana Santa molfettese, allorquando dopo la Pietà vengono ritirate in chiesa le altre statue in ordine inverso a quello dell’ uscita e il portone viene immediatamente chiuso.
Quello che avviene poi nella Chiesa del Purgatorio, quando vi rimangono solo gli addetti ai lavori che sono l’ Amministrazione, alcuni confratelli di sua fiducia ed alcune socie “superstiti” dopo la grande fatica dell’ intera giornata del sabato Santo, è qualcosa che se ci si pensa a distanza di tempo, viene spontanea la domanda: “ma come ce la facciamo, dopo tante ore di processione?”.
Infatti in tutta fretta, mentre le signore dell’ Associazione dell’ Addolorata e le mogli degli Amministratori spogliano la Pietà degli abiti della processione e la rivestono con quelli ordinari, alcuni confratelli smontano dalle basi le altre Statue e le ripongono nella loro teca. Contemporaneamente altri provvedono a riporre tutto il resto: bisogna tra l’ altro smontare dalle basi e riporli delicatamente, per non romperli, tutti i fanali, smontare il baldacchino e ripiegarlo per conservarlo, idem per il paliotto … insomma quello che può definirsi il colpo di grazia, dopo tanta fatica, comunque necessaria per preparare la Chiesa per la S. Messa della Resurrezione che verrà celebrata dopo poche ore, alle 11,00 del mattino.
A parole ciò sembra facile ma, dopo dieci ore di processione, e tenuto conto che queste operazioni iniziano all’ incirca alle ore 23,00 (perché dalla chiesa devono uscire tutti gli estranei, cosa che non è facile e non sempre viene recepita da tutti) e terminano a volte anche verso le 2,00 di notte, quando insorgono inattese difficoltà.
Un lungo anno deve a questo punto passare, prima di rivivere quelle stesse emozioni che ciclicamente segnano la vita di tanti appassionati di questa nostra grande e bellissima tradizione che è la Settimana Santa molfettese.

Avrete sin qui notato che, nel parlare delle Funzioni e delle Processioni, sono stato molto dettagliato e, a questo proposito voglio rimarcare che il resistere alle ingiurie dei nostri tempi da parte di queste tradizioni, è dovuto proprio alla pedissequa ripetizione, anno dopo anno, di tutti i particolari riferiti (funzioni, gesti, musiche ed itinerari).
Rimuovere anche uno solo di questi tasselli, significherebbe iniziare un’ opera che, un po’ alla volta, nel tempo, potrebbe essere demolitrice.

Dopo però questo spero non noioso excursus, tra la storia e le attività dell’ Arciconfraternita della Morte, è doveroso per me, in qualità di Priore e quindi capo di una comunità religiosa, far riflettere su una cosa molto importante.
Se tutto quanto da me detto sino ad ora si fermasse alla semplice narrazione di avvenimenti e manifestazioni esteriori, tradirei il compito per il quale mi devo distinguere dal presidente della Pro Loco, tanto per fare un esempio.
Mi spiego.
Se la Pro Loco si occupa delle tradizioni per quanto riguarda il loro aspetto esterno o folclorico, il Priore ha il dovere di tramandare sì le tradizioni del Sodalizio che rappresenta, ma altresì di fare in modo che queste tradizioni siano sempre nel solco di quella che è la Tradizione della Chiesa.

Cercherò di spiegare brevemente cosa è la Tradizione della Chiesa.
Questa parola stigmatizza in primo luogo l’evento che sta all’origine di tutta la vita della Chiesa: la Passione, la Morte e la Resurrezione di Gesù Cristo. E’ questo fatto incredibile, l’auto-consegna (tradidit - traditio) del Figlio unigenito all’uomo, la sorgente non solo iniziale ma unica, sempre eucaristicamente presente, di tutta la vita della Chiesa.
Ecco perché al principio del Cristianesimo non sta un libro: sta una Persona che si dona in un atto di amore che nessuno può immaginare più grande.
Ecco perché al principio sta l’Eucarestia che di quell’atto è la presenza permanente.
Infatti Gesù disse nell’ ultima cena: “fate questo in memoria di me”. Ciò che gli Apostoli hanno visto e sentito da Gesù vivendo con Lui e guardandolo agire, ciò che hanno imparato dai suggerimenti dello Spirito Santo, essi lo hanno trasmesso.
Questa è la Tradizione apostolica, che è espressa in modo speciale nei libri ispirati. Ciò che fu trasmesso dagli Apostoli, poi, comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa del popolo di Dio e all’incremento della fede; così la Chiesa nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede.
Questa è la Tradizione della Chiesa.

Ben vengano quindi le tradizioni, che sono comunque una emanazione della volontà degli uomini, purchè non si discostino dal messaggio Evangelico che proviene invece da Dio ed è quindi eterno e sempre attuale e rappresenta la Tradizione della Chiesa.
Ancora un po’ e termino.
Per mantenermi nell’ ambito del tema di questa sera ho quindi parlato di Arciconfraternite, di processioni e riti, e delle loro origini ma, per quanto riguarda il loro significato, dopo quanto appena affermato, vorrei concludere dicendo che tali manifestazioni di fede (processioni e riti), che sono alla fine delle testimonianze, devono il più possibile essere limpide sul piano della “significatività”, affinché rimandino al Mistero di Cristo morto e risorto (sto citando le parole del nostro Vescovo Mons. Luigi Martella in un convegno dal tema “Confraternite tra storia e futuro”, svoltosi a Giovinazzo dal 22 al 25 marzo 2004).
“Diversamente (ora sto citando invece Mons. Tonino Bello) rischieremo di organizzare incredibili controtestimonianze, di strumentalizzare le cose sacre con la passerella delle nostre vanità o, bene che vada, di torchiare dai nostri poveri cuori commozioni sterili che durano solo … lo spazio di un meriggio”.

Con queste parole concludo il mio intervento di questa sera, formulando l’ augurio che anche quest’ anno, ancor più degli anni scorsi, la Settimana Santa Molfettese possa essere per tutti quelli che la vivranno in prima persona e per tutti quegli altri che la vivranno da spettatori, un vero motivo di conversione.


........................................................ Francesco Stanzione
.............................................. (Priore Arciconfraternita della Morte)